Questo sabato abbiamo ripreso la distribuzione popolare dei pacchi solidali e del progetto Nessuno Escluso di EMERGENCY e Brigate Volontarie per l’Emergenza ai 57 nuclei che seguiamo tramite la solidarietà popolare.
Durante le ultime due settimane, a fronte della nuova ondata Covid-19, siamo rimasti operativi per supportare, in emergenza, chi si è trovato in quarantena e solo, impossibilitato a procurarsi il sostentamento e completamente abbandonato da ATS, dove il caos continua a regnare sovrano. Con la ripresa dell’ordinaria attività della Brigata e l’incontro con i nuclei che seguiamo, abbiamo ritrovato un situazione critica, non solo per la risalita dei contagi, soprattutto per un’incertezza di futuro unita a isolamento. Nel periodo di natale, lo sappiamo, piccole aziende e grandi catene commerciali assumono, per pochi giorni e con salari da fame, centinaia di persone con contratti ultraprecari e spesso in nero, interrotti poi al termine della breve stagione di consumo (il famoso “natale da salvare” di cui parlavano Draghi&co): per molti dei nostri, la fine di quell’impiego temporaneo e l’aumento delle bollette previsto per quest’anno sarà determinante nel mantenere se non peggiorare una situazione già critica.
Tante delle famiglie che incontriamo durante la distribuzione dei pacchi sono abitanti delle case popolari, quell’edilizia residenziale pubblica dove le istituzioni, Comune e Regione, decidono di mettere mano quando vogliono “ripulire un po’ la facciata” e quasi sempre per mano delle forze dell’ordine o seguito del Brumotti di turno, per sgomberare qualche famiglia abusiva, arrestare qualche giovane per spaccio, senza una migliore occupazione oppure per pura propaganda e false promesse elettorali. Ma quali sono le cause di questa situazione di disagio? Quali sarebbero “buoni investimenti” per provare a migliorare il contesto del caseggiato e la vita di chi ci abita? E quelle strutture polifunzionali, sorte circa 10 anni fa, per scopi sociali, culturali e di servizi sono funzionanti?
Regione Lombardia, con la legge 16/2016 sull’edilizia popolare, modificando i meccanismi di assegnazione, ha reso più difficile la partecipazione alle graduatorie aumentando al contempo i fondi destinati a controllo e sorveglianza piuttosto che manutenzione e qualità della vita. E’ di pochi giorni fa la notizia che la Regione ha destinato ulteriori 200 mila euro alle ALER per…telecamere e sorveglianza privata, appunto. A supporto di polizia e carabinieri per “prevenire e identificare i responsabili di eventuali reati che vengono commessi in tali spazi abitativi” – si legge nel testo- e le case popolari di Sant’Eusebio rientreranno in questo provvedimento.
Nella comunanza di nulla politico, il sindaco Ghilardi ha gioito e applaudito la giunta regionale che, proprio in queste settimane, ha dimostrato una volta di più la sua unica vocazione al saccheggio e alla privatizzazione dei beni pubblici, continuando a peggiorarne il funzionamento e la risposta ai bisogni della popolazione, sanità in primis – come confermato dal rinnovo e peggioramento della riforma Maroni sul sistema sanitario lombardo, il cui periodo sperimentale inizialmente previsto è giunto al termine nel pieno disastro reso manifesto dall’emergenza Covid-19.
Ora, noi ci chiediamo: ma Ghilardi, gli amministratori di ALER, il duo Fontana-Moratti, in queste periferie hanno mai messo piede? Ridurre i problemi di Sant’Eusebio e del nostro territorio in generale a questioni di ordine pubblico e contrasto a “vandalismo” e “inciviltà”, concependo come risposta principale la via punitiva tramite codice penale, è quanto meno stupido. E questo approccio, in tanti anni, lo abbiamo visto praticare in diverse situazioni e momenti, senza alcun risultato significativo.
Perché non attuare invece piani di sostegno al lavoro, contrasto all’abbandono scolastico, implementazione di luoghi ricreativi e di socialità, spazi gratuiti per i più giovani con attività ludiche e artistiche? Perché invece che limitarsi a riconoscere, con qualche migliaio di euro, il lavoro svolto delle associazioni di volontariato, a fronte di un welfare pubblico che si assottiglia sempre di più, il governo locale non si impegna a immaginare e investire in politiche sociali che rendano pienamente giustizia di una situazione di grave discriminazione e diseguaglianza? Perché non implementare servizi sociosanitari invece di smantellarli? Perché non sostenere la vocazione agricola della periferia nord, creando un mercato di piccoli produttori che distribuisca a prezzi calmierati frutta e verdure di qualità?
Dopo aver lasciato per mesi gli abitanti dei caseggiati di via Da Giussano e Del Carroccio in un’emergenza ratti e rifiuti tuttora in corso, Ghilardi e ALER non trovano di meglio che spendere decine di migliaia di euro in telecamere e security, continuando ad ignorare l’emergenza abitativa che si porta dietro tutte le altre emergenze sociali che da tempo denunciamo.
Le periferie esistono anche dopo le elezioni e al di là della propaganda (immagine in copertina opera di Militanza Grafica)