Quello che non abbiamo, quello di cui abbiamo bisogno.

Verso l’iniziativa di sabato 16 per il diritto alla casa e in difesa dello Spazio 20092, alcuni appunti relativi alla questione abitativa sul nostro territorio. Consapevoli che, contrariamente a quanto pensano i nostri amministratori, il problema della casa non è solo il “punto di arrivo” di comportamenti errati o di una condizione di povertà, ma rappresenta una questione autonoma e strutturale – nel suo costo, nel vuoto di politiche regolatorie e redistributive, nella sua assenza, nel suo essere concepita come una merce o peggio un bene finanziario.

L’assenza di Servizi abitativi transitori (SAT) e le inadempienze del ComuneIl Comune di Cinisello Balsamo è definito, dall’Osservatorio sulla condizione abitativa, un contesto ad alta tensione abitativa e “critico” dal punto di vista del bisogno abitativo. A dircelo sono anche i numeri: a fronte di 670 domande in media presentate a ogni bando SAP (per le case popolari), ALER e Comune riescono ad assegnarne appena 12.

Uno dei pochi strumenti di regolamentazione pubblica e sostegno sopravvissuti nella legge regionale del 2016 – legge dai contenuti e caratteri fortemente anti-popolari – è la possibilità per i Comuni di dotarsi di alloggi definiti SAT – Servizi Abitativi Transitori: ovvero alloggi di emergenza per situazioni particolarmente critiche, dal punto di vista reddituale o di comprovate fragilità psicofisiche di minori e membri del nucleo, individuabili tra il 10 e il 25% del patrimonio pubblico esistente.

Nel corso degli incontri del tavolo di vertenza avviato nell’ultimo mese e mezzo coi Servizi Sociali, la controparte ha negato che il Comune avesse l’obbligo di dotarsi di un regolamento e di individuare gli alloggi da destinare in quota SAP. Peccato però che la legge regionale, all’art. 23, comma 13, affermi: “Al fine di contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali, soggette a procedure esecutive di rilascio degli immobili adibiti ad uso di abitazione e per ogni altra esigenza connessa alla gestione di situazioni di grave emergenza abitativa, in particolare nei comuni ad alta tensione abitativa, ALER e comuni destinano una quota del proprio patrimonio abitativo a servizi abitativi transitori, nell’ambito del piano triennale dell’offerta abitativa pubblica e sociale e dei suoi aggiornamenti annuali […] I comuni possono incrementare la disponibilità di servizi abitativi transitori con unità abitative conferite da soggetti pubblici e privati, compresi gli operatori accreditati, da reperire attraverso procedure ad evidenza pubblica e da disciplinare mediante apposite convenzioni, rinnovabili in forma espressa”.

Inoltre, la seduta del consiglio regionale del 31/07/2019 con delibera XI/2063 definiva i dettagli della materia SAT stabilendo che “per valutare la sussistenza delle condizioni per l’assegnazione del servizio abitativo transitorio, nel caso di Comune con popolazione superiore a 5000 abitanti, il responsabile del procedimento si avvale, senza alcun onere per il Comune, di un nucleo di valutazione tecnico composto da personale di comprovata esperienza in materia di politiche abitative e sociali, appartenente all’amm. Comunale e all’ALER territorialmente competente. Le modalità di funzionamento del nucleo, i criteri e le priorità da seguire per la valutazione delle domande, sono disciplinate da un apposito regolamento approvato dal Comune, sentite le organizzazioni sindacali dell’utenza maggiormente rappresentative sul territorio”.

Consapevoli della insufficienza e dei limiti di uno strumento pensato comunque in ottica paternalista e colpevolizzante verso le fasce sociali in condizioni di bisogno, gli alloggi SAT rappresenterebbero però una prima alternativa alla strada e allo sfratto senza soluzioni per molti dei singoli e dei nuclei seguiti dal Movimento Casa e dall’Unione inquilini.

Il caro affitti e il ritorno degli sfratti post-Covid

Il Ministero dell’Interno ha pubblicato i dati relativi al 2021: dopo il blocco della pandemia, riprendono sentenze, richieste di esecuzione e sgomberi forzati. Anche nella Città Metropolitana di Milano si sentono le conseguenze congiunte della nuova fase di crisi scatenata dalla guerra in Ucraina e lo smantellamento delle poche misure prese agli inizi della crisi sanitaria per tamponarne gli effetti più gravi.

Secondo i dati del Viminale, i provvedimenti di sfratto emessi nel 2021 (di cui l’82% per morosità e il restante per finita locazione) per Milano e provincia registrano +95% rispetto al 2020 (tenendo conto che era anche in vigore il blocco degli sfratti), segnando una tendenza al rialzo che lascia presagire un progressivo ritorno ai livello di allarme sociale pre-Covid, quando gli sfratti eseguiti nel solo 2019 furono 2416.

A livello nazionale vediamo un mix di caro affitti, insostenibile per i redditi medio bassi (anche di fasce crescenti di lavoro dipendente); assenza di case popolari a canone sociale (650.00 domande che rimangono senza risposta per l’assenza di una politica sociale della casa); aumento della povertà che colpisce particolarmente il settore dell’affitto (su quasi due milioni di nuclei in povertà assoluta, circa 900 mila sono in affitto, il 45% del totale mentre rappresentano solo il 18% del totale della popolazione residente).

Nel nostro “piccolo”, patiamo la stessa situazione: se consideriamo le 650 domande medie presentate a ogni bando ALER/Comune e le appena 12 soddisfatte; se contiamo la già denunciata assenza di alloggi SAT per le situazioni critiche; se consideriamo il costo dell’affitto privato, che per un monolocale viaggia dai 450 ai 700 euro al mese (e per un bilocale dai 600 ai 1000 – e non parliamo dei trilocali), in un Comune col reddito medio annuo di 19.900 euro: tutto questo ci dice che è necessario intervenire in fretta, a livello cittadino e metropolitano, per una regolazione degli affitti, l’assegnazione dello sfitto, la garanzia del passaggio da casa a casa senza la quale lo sfratto è da bloccare.

In questo contesto, lo Spazio 20092 ha rappresentato e continua a significare un bene comune della collettività e una risposta autogestita a una urgenza sociale ignorata e amplificata dal potere politico e amministrativo.